Skill morbide e skill toste
Print Friendly, PDF & Email

Possono essere soft e hard skills, morbidose o toste. Ma di cosa stiamo parlando? E’ il mondo delle competenze, bellezza mia, come direbbe Totò. No, non possiamo sfuggire dal definire cosa sia la competenza.


Cos’è una competenza?

E’ un percorso lungo quello che ha portato a individuare la seguente definizione:

una caratteristica intrinseca di un individuo causalmente collegata ad una performance eccellente in una mansione

Questa è già una definizione cazzuta, formulata nel 1993 dalla coppia Spencer e Spencer elaborando concetti presentati un decennio prima da diversi ricercatori. Tra i quali Klemp (1980) e Boyatzis (1982). Vi lascio nella bibliografia i riferimenti.

Cosa determina la competenza? E’ un insieme di motivazioni, tratti, immagine di sé, ruoli sociali, conoscenze e abilità.

Ma c’è qualche punto da chiarire prima di andare avanti. Vi ho già detto che non è tutto così semplice?

Iniziamo.


Le caratteristiche della competenza

Innanzitutto parliamo di una caratteristica di un individuo. Questo inizio ci fa già capire che individui diversi possono avere competenze diverse, determinate proprio da loro essere unici e differenti.

inoltre, questa caratteristica è intrinseca all’individuo.

Ma cosa significa intrinseca? Ce lo spiegano ancora Spencer & Spencer, affermando che la competenza è parte integrante e duratura della personalità di un individuo.

Ecco, la parola chiave. Personalità. La competenza di uno non può essere trasferita all’altro senza che questo la assuma secondo la sua personalità. D’accordo, direte voi, si può essere stati eccellenti in una mansione per una casualità, una serie fortunata di circostanze. Questo fa di un individuo una persona competente? Touché.

In effetti, la competenza deve avere un carattere permanente, affinché a pari condizioni l’individuo possa avere gli stessi livelli di risultato. E, quindi, la performance deve potersi ripetere nel tempo. Interessante.

Ma allora a che ci serve la formazione continua? Una volta acquisita una competenza non la dovrei più perdere né aggiornarla. Come conseguenza, deve essere una medaglia appuntata per tutta la vita. W le soft e hard skills.


La performance non è casuale

La competenza non dipende dal caso. E nemmeno potrebbe. Il caso non esiste, diceva il maestro Oogway in un divertente cartone animato con protagonista un panda.

La misura del successo di una performance deriva, anzi, da una complessa rete di causalità tra i comportamenti. Di conseguenza entrano in gioco la personalità, le idee e la sensibilità dell’individuo.

Ognuna di queste caratteristiche concorre con le altre a produrre il risultato che, se basato sulla competenza, non può che produrre un livello superiore di performance.

Ma c’è un’altra obiezione a questa definizione.

Una competenza specifica di un contesto non può essere trasportata in un contesto differente e addio cambiamento. Sembra che la competenza sia una caratteristica anche situazionale.

Come obiezione è giusta, in effetti quello che bisogna individuare è un concetto di competenza che sia abbastanza generico da essere utile in contesti differenti. La competenza deve superare il concetto di mansione.


La motivazione è la spinta per competere

Nel 2006 il Parlamento europeo definisce le competenze (soft e hard skills) come:

una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto

Quali sono queste combinazioni? Il Parlamento ne individua otto di base, in quanto ritenute chiave, che qui riepilogo:

  • comunicare nella lingua del proprio paese e in una o più lingue straniere
  • parlare il linguaggio della matematica, scienza e tecnologia
  • comprendere il mondo digitale
  • imparare a imparare
  • competenze sociali e civiche
  • spirito di iniziativa e imprenditorialità
  • consapevolezza ed espressione culturale.

Queste sono competenze ugualmente importanti, che concorrono a formare la capacità di un individuo di operare con responsabilità e autonomia.

La cosa più rilevante e che queste competenze possono essere acquisite e sviluppate con lo studio e l’applicazione.

Per approfondire leggi l’articolo “Se non ti formi ti fermi” qui si Ortidigitali


Soft o Hard skills? Toste o morbidose?

Nel mondo aziendale si è arrivati a descrivere le competenze necessarie per ricoprire determinati posti. Questa classificazione ha suddiviso le competenze di due categorie: le hard e le soft skill.

Con la locuzione hard skill, le competenze toste, si è soliti indicare le competenze tecniche o professionali di cui possiamo dimostrare la conoscenza e la padronanza.

Un programmatore, per esempio, sa programmare, cioè conosce i meccanismi propri della programmazione che sono indipendenti dai singoli linguaggio. Ma poi potrà elencare i linguaggi dei quali conosce la struttura ed è in grado di produrre facilmente codice robusto.

Programmare è una competenza tosta. Se vuoi lavorare come programmatore questa competenza è fondamentale per svolgere il tuo lavoro. Non puoi farne a meno e devi essere pronto a dimostralo in qualsiasi momento con qualsiasi prova.

Queste competenze sono facilmente dimostrabili tramite attestati, certificati ed esperienze di lavoro o prove in itinere.


La definizione di competenza data dal Parlamento europeo

Ritornando all’elenco delle competenze chiave del Paramento europeo, sono competenze toste:

  • comunicare nella lingua del proprio paese e in una o più lingue straniere
  • parlare il linguaggio della matematica, scienza e tecnologia
  • comprendere il mondo digitale

Appare evidente che le altre quattro competenze base devono appartenere alla categoria competenze morbide.

E infatti è così. Ma c’è bisogno di una ulteriore specificazione, perché si tratta di competenze trasversali.

Bisogna distinguere le competenze morbide interne da quelle esterne.

Vediamo in dettaglio il significato di competenze:

  • interne, che riguardano il modo in cui si percepisce e interagisce con se stessi
  • esterne, che riguardano il modo in cui vengono gestite le relazioni con gli altri


Vediamo un elenco nutrito ma non esaustivo

Possiamo dividere le competenze trasversali in diverse aree di riferimento:

  • Cognitive
  • Organizzative e gestionali
  • Relazionali e comunicative
  • Personali.

Sono competenze interne quelle cognitive e personali, sono esterne quelle organizzative e gestionali e le relazionali e comunicative.

Siamo in quel mondo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) chiama delle Life Skills:

competenze che portano a comportamenti positivi e di adattamento che rendono l’individuo capace di far fronte efficacemente alle richieste e alle sfide della vita di tutti i giorni

Cerchiamo di classificarne qualcuna per capire come utilizzarle.


1. Competenze personali

Sono quelle competenze che ci qualificano come persona, ci valorizzano e ci aiutano a integrarci con gli altri.

  • Consapevolezza di sé e fiducia in se stessi

Questa è una tra le caratteristiche più importanti, che ci permette di vivere ogni aspetto della nostra professionalità con sicurezza. Avere fiducia in se stessi significa infatti crederci, conservare una buona considerazione di sé e pensare di avere le qualità giuste per farcela.

  • Autonomia

La capacità di ragionare, apprezzare diversi punti di vista e discutere con gli altri al fine di gestire individualmente i compiti assegnati. Ha bisogno di autostima, e quindi è strettamente legata con l’avere fiducia in se stessi.

  • Apprendimento continuo

La capacità di apprendere velocemente novità e processi è fondamentale. Saperlo fare in modo continuo durante la propria vita lo è altrettanto. Ci verrà utile soprattutto nei lavori con alto tasso di innovazione.

  • Flessibilità

Consiste nella capacità di sapersi adattare a più contesti e situazioni lavorative.

  • Gestione dello stress

Lo stress è una sindrome di adattamento, pertanto è necessario imparare a non farsi sopraffare dall’ansia e dal nervosismo. Ricordiamoci che lo stress è il sale della vita. In piccole quantità è utile e non deve mancare.

  • Leadership

La capacità a motivare e condurre gli altri verso gli obiettivi, infondendo credibilità e fiducia.



2. Competenze organizzative e gestionali
  • Proattività, o spirito di iniziativa

La proattività è una dote molto apprezzata nel contesto professionale, che spinge l’individuo ad affrontare situazioni nuove anche ad alto grado di incertezza. L’individuo sa valutare opportunità e minacce e diventa promotore di nuove iniziative e strategie senza aspettare di essere sollecitato. Non va confusa con l’incoscienza.

  • Organizzazione

Organizzare significa raggiungere gli obiettivi grazie a un’adeguata pianificazione, in un arco determinato di tempo e senza sprecare risorse ed energie in cose inutili.

  • Assertività

E’ quell’attitudine a esprimere il proprio punto di vista e farlo comprendere all’altro in modo chiaro ed efficace, senza tuttavia prevaricare l’interlocutore. Richiede alcune caratteristiche fondamentali: saper ascoltare, essere franchi e avere un’alta considerazione di sé. Essere assertivi non è facile, è una competenza che va sviluppata con esercizio e disciplina.


3. Competenze relazionali e comunicative

Parliamo dell’attitudine che consente una buona relazione tra se stessi e l’ambiente circostante.

  • Doti relazionali

La capacità di rapportarsi correttamente con colleghi e clienti è importantissimo in un’azienda.

  • Team work

Si tratta della capacità di lavorare con gli altri e di rispettare il pensiero dei colleghi senza prevaricarlo.

4. Competenze cognitive

Fanno riferimento alle attitudini intellettuali dell’individuo e alla sua capacità di raccogliere e usare le informazioni. Rientrano in questa categoria:

  • Problem solving

E’ l’attitudine a trovare sempre una soluzione conveniente per un problema, in qualsiasi situazione, anche la più problematica. Richiede di sviluppare doti importanti quali la capacità di osservare, la creatività (spesso le soluzioni sono originali), l’innovazione, la visione del futuro, la sperimentazione, la ricerca di nuovi punti di vista.

  • Innovazione

L’attitudine ad affrontare un problema cercando di trovare una soluzione nuova ed originale.



Conclusioni

Le competenze richieste dalla vita moderna e dalle continue evoluzioni del mondo del lavoro sono molte. Non è più semplicemente necessario imparare un’arte. Bisogna anche saperci fare. Quindi, si alle soft e hard skills.

Saper far di conto va benissimo se vuoi fare il contabile, ma non basta.

Devi saperti relazionare con un ambiente che ti accoglie, ambienti di volta in volta diversi, (sociale, familiare, lavorativo). Comunicare le tue idee e i tuoi risultati, le tue emozioni, le tue necessità. Farti ascoltare senza tuttavia prevaricare.

Insomma, per farla breve, una buona parte del tuo studio, della tua preparazione, dedicala a tutte quelle caratteristiche che possono renderti migliore e più competitivo.

Inizia subito a Sviluppare il tuo lato tosto, ma anche quello morbidoso.

Bibliografia

Boyatzis, R.E. (1982) The Competent Manager: A Model for Effective Performance. John Wiley & Sons, Inc., Toronto.

Klemp, G.O. (1980). The assessment of occupational competence. Washington, D.C.: Report of the National Institute of Education.

Parlamento Europeo, Raccomandazione relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente, 2006.

Spencer L. & Spencer S. (1993). Competence at Work: Model for Superior Performance. John Wiley & Sons, New York